" O MARIA CONCEPITA SENZA PECCATO, PREGA PER NOI CHE RICORRIAMO A TE! "

" O MARIA CONCEPITA SENZA PECCATO, PREGA PER NOI CHE RICORRIAMO A TE! "
"Piena di grazia Ti chiamo perchè la grazia Ti riempie; e se potessi, molta più grazia Ti darei. Il Signore è con Te, anche più di quanto Tu sia con Dio; la Tua Carne non è più Carne Tua, il Tuo Sangue è per due. E benedetta sarai tra tutte le donne, perchè, se sei Madre di tutti, chi potrebbe non amarTi?"

31 gennaio 2010

UN VERO CRISTIANO SI IMPEGNA A DIFFONDERE LA PACE E...


DON BOSCO, UN SACERDOTE SECONDO IL CUORE DI DIO

San Giovanni Bosco fu un sacerdote grande nella carità, educatore attento e mite di cuore.
Egli educò i giovani con "religione, amore e ragionevolezza" e la sua guida spirituale fu Maria. Sotto la protezione di Maria Ausiliatrice, infatti, fondò la Congregazione Salesiana e l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, guidato da Maria Mazzarello.
La Madonna spiegò al santo gli sviluppi della sua opera attraverso una visione in cui don Bosco camminava sotto un pergolato di rose, che coprivano il suolo:
"Sappi che la via da te percorsa tra le rose e le spine significa la cura che dovrai prenderti per la gioventù. Dovrai camminare con le scarpe della mortificazione. Le spine significano i dispiaceri, i patimenti che vi toccheranno (riferiti anche ai sacerdoti che erano con lui). Ma non vi perdete di coraggio. Con la carità e la mortificazione, tutto supererete e giugerete alle rose senza spine".

NON CREARTI ESIGENZE

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Non lo dimenticare: possiede di più chi ha meno bisogni. —Non crearti esigenze. (Cammino, 630)

Molti anni fa — più di venticinque — frequentavo una mensa di carità, per mendicanti che non avevano altro pasto giornaliero che quello che lì veniva distribuito. Era un locale spazioso, amministrato da un gruppo di buone signore. Dopo la prima distribuzione, venivano altri mendicanti a raccogliere qualcosa che avanzava e, in questo secondo gruppo, un povero attirò la mia attenzione: era proprietario di un cucchiaio di peltro! Lo cavava di tasca con circospezione, con cupidigia, lo guardava avidamente e, dopo aver assaporato la sua razione, guardava di nuovo il cucchiaio con occhi che gridavano: è mio!, gli dava un paio di leccate per pulirlo e, soddisfatto, lo riponeva di nuovo tra le pieghe dei suoi cenci. Effettivamente, quel cucchiaio era suo! Il misero mendicante, in mezzo a quella gente, ai suoi compagni di sventura, si riteneva ricco.

Nella stessa epoca conoscevo una signora, con titolo nobiliare, Grande di Spagna. Davanti a Dio, questo non significa niente: siamo tutti uguali, tutti figli di Adamo e di Eva, creature deboli, con virtù e difetti, capaci — se il Signore ci abbandona — di compiere i delitti più gravi. Da quando Cristo ci ha redenti, non ci sono differenze di razza, di lingua, di colore, di lignaggio, di censo...: siamo tutti figli di Dio. La signora di cui sto parlando abitava in un palazzo aristocratico, ma per sè non spendeva neppure due pesetas al giorno. Invece, retribuiva molto bene la servitù, e il resto lo destinava all'aiuto dei bisognosi, assegnando a sè stessa privazioni di ogni genere. A questa donna non mancavano i beni che molti ambiscono, ma personalmente era povera, molto mortificata, completamente distaccata da tutto. Avete capito? Del resto, è sufficiente ascoltare le parole del Signore: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli [Mt 5, 3].

Se vuoi raggiungere questo spirito, ti consiglio di essere parco con te stesso e molto generoso con gli altri; evita le spese superflue per lusso, per capriccio, per vanità, per comodità...; non crearti esigenze. In una parola, impara con San Paolo a essere povero e a essere ricco, a essere sazio e ad aver fame, a essere nell'abbondanza e nell'indigenza. Tutto posso in Colui che mi dà forza [Fil 4, 12-13]. E, come l'Apostolo, anche noi risulteremo vincitori nel combattimento spirituale, se manteniamo il cuore distaccato, libero da legami (Amici di Dio, nn. 123).

30 gennaio 2010

NON METTERE IL CUORE IN NULLA CHE SIA CADUCO


Non mettere il cuore in nulla che sia caduco: imita Cristo, che Si fece povero per noi, e non aveva dove posare il capo. — ChiediGli di concederti, in mezzo al mondo, un distacco effettivo, senza attenuanti. (Forgia, 523)

Noi siamo gente della strada, cristiani qualsiasi, inseriti nel sistema circolatorio della società, e il Signore ci vuole santi, apostolici, appunto in mezzo al nostro lavoro professionale; vuole cioè che ci santifichiamo nella nostra occupazione, che santifichiamo l'occupazione stessa e che, per mezzo di essa, aiutiamo gli altri a santificarsi. Siate certi che Dio vi attende nel vostro ambiente con sollecitudine di Padre, di Amico; e pensate che con il vostro lavoro professionale svolto con senso di responsabilità, oltre a sostenervi economicamente, prestate un servizio direttissimo allo sviluppo della società, alleggerite i pesi degli altri e mantenete tante opere assistenziali — locali e universali — a beneficio delle persone e dei popoli meno fortunati.

Nel comportarci con normalità — come la gente uguale a noi — e con senso soprannaturale, non facciamo altro che seguire l'esempio di Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo. Potete ben vedere che tutta la Sua Vita è piena di naturalezza.
Per trent'anni resta nell'ombra, senza richiamare l'attenzione, come uno dei tanti lavoratori, e nel Suo villaggio è conosciuto come il Figlio del falegname. Neppure durante la vita pubblica si nota qualcosa di stonato perché strano o eccentrico. Si circondava di amici, come tutti gli altri Suoi concittadini, e il Suo comportamento non differiva dal loro. Tanto che Giuda, per indicarLo, deve dare un segno convenuto: Quello che bacerò, è Lui [Mt 26, 48].
In Gesù non c'era niente di stravagante. Mi commuove sempre questa regola di condotta del Maestro, che passa in mezzo agli uomini come Uno qualsiasi. (Amici di Dio, nn. 120-121)

29 gennaio 2010

OGGI PIU' CHE MAI E' NECESSARIO....


PREGHIAMO CON I SALMI: SALMO 41


Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a Te, o Dio.
L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?

Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: "Dov'è il tuo Dio?".
Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:
attraverso la folla avanzavo tra i primi
fino alla casa di Dio,
in mezzo ai canti di gioia
di una moltitudine in festa.

Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarLo,
Lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
In me si abbatte l'anima mia;
perciò di te mi ricordo
dal paese del Giordano e dell'Ermon, dal monte Mizar.
Un abisso chiama l'abisso al fragore delle Tue cascate;
tutti i Tuoi flutti e le Tue onde
sopra di me sono passati.

Di giorno il Signore mi dona la Sua grazia
di notte per Lui innalzo il mio canto:
la mia preghiera al Dio vivente.
Dirò a Dio, mia difesa:
"Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?".
Per l'insulto dei miei avversari
sono infrante le mie ossa;
essi dicono a me tutto il giorno: "Dov'è il tuo Dio?".

Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarLo,
Lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

PER SERVIRE, SERVIRE

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Anche tu hai una vocazione professionale che ti "sprona". Ebbene, questo "sprone" è l'amo per pescare uomini. Rettifica, pertanto, l'intenzione, e non trascurare di acquisire tutto il prestigio professionale possibile, al servizio di Dio e delle anime. Il Signore conta anche su "questo". (Solco, 491)

Pertanto, volendo dare un motto al vostro lavoro, potrei indicarvi questo: per servire, servire. In primo luogo, infatti, per realizzare le cose bisogna saperle condurre a termine. Non credo alla rettitudine di intenzione di chi non si sforza di ottenere la competenza necessaria per svolgere debitamente i compiti che gli sono affidati. Non basta voler fare il bene; è necessario saperlo fare. E, se il nostro volere è sincero, deve tradursi nell'impegno di impiegare i mezzi adeguati per compiere le cose fino in fondo, con perfezione umana.

Ma anche questo servizio umano, questa idoneità potremmo chiamare tecnica, questo saper fare il proprio mestiere, deve essere dotato di una caratteristica che fu fondamentale nel lavoro di Giuseppe e che tale dovrebbe essere anche per ogni cristiano: lo spirito di servizio, il desiderio di lavorare per contribuire al bene comune. Il lavoro di Giuseppe non tendeva all'affermazione di Sé, anche se effettivamente la dedizione a una vita di lavoro gli aveva dato una personalità matura e spiccata. Il Patriarca lavorava con la consapevolezza di compiere la Volontà di Dio, pensando al bene dei Suoi — Gesù e Maria — e avendo presente il bene di tutti gli abitanti della piccola Nazaret. (E' Gesù che passa, 50-51)

TROVA IL TEMPO ....

Trova il tempo di pensare,
trova il tempo di pregare.
Trova il tempo di ridere
è la fonte del potere.
È il più grande potere sulla Terra.
È la musica dell'anima.

Trova il tempo per giocare,
trova il tempo per amare ed essere amato.
Trova il tempo di dare.
è il segreto dell'eterna giovinezza.
È il privilegio dato da Dio.
La giornata è troppo corta per essere egoisti.

Trova il tempo di leggere,
trova il tempo di essere amico.
Trova il tempo di lavorare,
è la fonte della saggezza.
E' la strada della felicità.
E' il prezzo del successo.

Trova il tempo di fare la carità,
è la chiave del Paradiso.

28 gennaio 2010

LO SPIRITO DA' VITA...

O Spirito di Dio, che con la Tua luce distingui la verità dall'errore, aiutaci a discernere il vero.
Dissipa le nostre illusioni e mostraci la realtà.
Facci riconoscere il linguaggio autentico di Dio nel fondo dell'anima nostra e aiutaci a distinguerlo da ogni altra voce.
Mostraci la Volontà divina in tutte le circostanze della nostra vita, in modo che possiamo prendere le giuste decisioni.
Aiutaci a cogliere negli avvenimenti i segni di Dio, gli inviti che ci rivolge, gli insegnamenti che vuole inculcarci.
Rèndici atti a percepire i Tuoi suggerimenti, per non perdere nessuna delle Tue ispirazioni.
Concedici quella perspicacia soprannaturale che ci faccia scoprire le esigenze della carità e comprendere tutto ciò che richiede un amore generoso.
Ma soprattutto eleva il nostro sguardo, là dove Egli Si rende presente, ovunque la Sua azione ci raggiunge e ci tocca.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.

SERVIRE IL SIGNORE E GLI UOMINI

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Qualsiasi attività — umanamente importante o no — deve trasformarsi per te in un mezzo per servire il Signore e gli uomini: è questa la vera misura della sua importanza. (Forgia, 684)

Non mi discosto dal rigore della verità se affermo che Gesù cerca ancora una dimora: nel nostro cuore. Dobbiamo chiederGli perdono per la nostra sbadataggine, per la nostra ingratitudine. Dobbiamo chiederGli la grazia di non chiudere mai più davanti a Lui la porta della nostra anima.

Il Signore non ci nasconde che l'obbediente sottomissione alla Volontà di Dio richiede spirito di rinuncia e di dedizione, perché l'amore non reclama diritti: vuole soltanto servire.
E a Lui, che per primo ha percorso questo cammino, noi domandiamo:
Gesù, come hai vissuto l'obbedienza? Usque ad mortem, mortem autem crucis, fino alla morte, e morte di croce.
Bisogna uscire dal proprio guscio, complicarsi la vita, perderla per amore di Dio e delle anime. Ecco, tu volevi vivere, non volevi che ti accadesse alcunché: ma Dio ha voluto diversamente. Vi sono due volontà: ma la tua volontà si pieghi alla Volontà di Dio, e non la Volontà di Dio si torca alla tua. Ho visto con gioia molte anime mettere in gioco la propria vita — come hai fatto Tu, Signore, usque ad mortem — per compiere tutto quello che la Volontà di Dio chiedeva; hanno impegnato tutte le loro aspirazioni e il loro lavoro professionale al servizio della Chiesa, per il bene di tutti gli uomini.

Dobbiamo imparare a obbedire, dobbiamo imparare a servire. Non c'è nobiltà più grande che decidere di darsi volontariamente in aiuto agli altri. Quando sentiamo che l'orgoglio ribolle dentro di noi, la superbia ci fa credere di essere dei superuomini, allora è il momento di dire di no, di dire che il nostro unico trionfo deve essere quello dell'umiltà. In tal modo ci identificheremo con Cristo Crocifisso; e non nostro malgrado, insicuri e a malincuore, ma lietamente, perché la gioia nel momento dell'abnegazione è la dimostrazione più bella dell'amore. (E' Gesù che passa, 19)

27 gennaio 2010

DAVANTI AL TABERNACOLO

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“ACCORRI CON PERSEVERANZA DAVANTI AL TABERNACOLO”
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Accorri con perseveranza davanti al Tabernacolo, fisicamente o con il cuore, per sentirti sicuro, per sentirti sereno: ma anche per sentirti amato..., e per amare! (Forgia, 837)

Trascrivo alcune parole di un sacerdote, rivolte a coloro che lo seguivano nella sua impresa apostolica: “Quando contemplate l'Ostia Santa esposta nell'ostensorio sull'altare, pensate che amore, che tenerezza è quella di Cristo. Io me lo spiego per l'amore che vi porto; se, lavorando lontano, potessi stare allo stesso tempo accanto a ciascuno di voi, come lo farei volentieri!

Cristo, invece, può farlo! Ed Egli, che ci ama con un amore infinitamente superiore a quello che tutti i cuori della terra possono albergare, è rimasto affinché possiamo unirci sempre alla Sua Santissima Umanità, e per aiutarci, per consolarci, per fortificarci, affinché siamo fedeli”. (Forgia, 838)

Le manifestazioni esterne dell'amore devono nascere dal cuore, e continuare in una testimonianza di vita cristiana. Il rinnovamento che si opera in noi, al ricevere il Corpo del Signore, deve essere manifestato nelle opere. Rendiamo dunque sinceri i nostri pensieri: che siano pensieri di pace, di donazione, di servizio. Rendiamo le nostre parole vere, chiare, opportune: che sappiano consolare e aiutare, che sappiano soprattutto portare agli altri la luce di Dio. Rendiamo le nostre azioni coerenti, efficaci, appropriate: abbiano il bonus odor Christi, il profumo di Cristo, che ce ne richiama il comportamento e la vita. (E' Gesù che passa, 156)

INNO ALLA VITA di Don Dolindo Ruotolo


Si apprezza tanto poco la vita, anzi tanto spesso la si disprezza, perché la si guarda dal punto di vista del proprio egoismo. Si guarda solo alla vita presente ed alla sete di godere. Or siccome questa vita non è che un fugace passaggio ed è una prova, se non si guarda alla sua realtà, l'anima si smarrisce, si sente infelice e disprezza la vita.

Una cometa non passa nella nostra visuale che per continuare il suo percorso gigantesco attraverso i cieli… Noi siamo come mobilissime comete, tutte vapori di luce, che hanno un movimento vorticoso, che camminano per condensarsi e diventare un astro del cielo. La nostra vita è il punto dove deve avvenire, dirò così, il condensamento: qui ciò che era solo gratuito dono di Dio, deve diventare nostra consistenza, sotto la pressione divina della grazia; qui l'anima, che esce dalle mani di Dio, è lanciata nel cielo soprannaturale, e gira intorno ai punti di gravitazione, cioè intorno al Redentore vivente, alla Chiesa, alle grazie che scaturiscono dalla Redenzione finché non sia diventata un astro soprannaturale.

Che cosa grande è dunque la nostra vita, questo impercettibile attimo verso del quale si concentrano e convergono le anime, scaturenti dall'onnipotente amore di Dio!

Queste anime sono come faville luminose, che escono immacolate ed incandescenti dall'infinita potenza di Dio, e si rinchiudono in un piccolo corpo, come è imprigionata la corrente di una dinamo. Quella corrente deve muovere la dinamo, deve aggiungersi ad una nuova corrente, deve diventare gigantesca, deve mutarsi in un'onda elettrica, che ritorna nella immensità del cielo…

L'anima racchiusa nel corpo pare schiava, ed invece è operaia. Essa vi trova il mezzo per santificarsi, poiché il Redentore, prendendo la umana carne, mutò in grazia ogni atto della Sua Vita corporale. Vi trova il Sangue di Gesù che la purifica, vi trova la Passione di Gesù che come sole si riflette e si rifrange in tutte le pene del nostro corpo…, vi trova il mezzo per soprannaturalizzarsi e conquistare la vita eterna!

Che cosa grande è dunque questa nostra vita, che è il preludio breve della vita eterna!

Considerate l'infinito amore di Dio nel crearci e nel darci la vita presente. Questa vita che voi sprezzate come un tedio, come un peso, è invece come il palpito del Suo Cuore Divino… Egli felicissimo in Sè Stesso, volle farci partecipi della Sua felicità.

Ecco l'Infinito, Uno e Trino… Che gloria, che luce, che amore in quell'oceano di vita!

Ecco lo spaventoso caos del nulla!… L'orrido, lo zero, il freddo assoluto!

Eppure da quella infinita potenza quante creature possono scaturire, sol che lo voglia! Egli le considera, le ama… Le creature possibili sono come una semente infeconda, finché non è gettata nel terreno… È l'amore di Dio che raccoglie nella Sua infinita potenza la creatura che può essere e non è ancora, e subito, quel seme vuoto, che non ha consistenza, che è nulla, acquista la vita.

Non c'è nella nostra vita un paragone che possa darci l'idea della creazione; ciò non pertanto, considerate la creatura come un cristallo avvolto da tenebre, come un brillante sepolto nel buio: appena sorge il sole diventa luminoso, pieno di svariati colori, e scintilla come un piccolo astro.

Così sorge la creatura dal nulla!

Quale ingratitudine pertanto il considerare come sventura e come un peso la vita. Sembra un paradosso, eppure è così.

La nostra vita terrena è immensamente arricchita da Gesù Cristo, è vita di merito, nella quale, per Gesù Cristo stesso, ogni atto può diventare soprannaturale. Nel Cielo noi riceviamo da Dio, mentre che sulla terra noi diamo a Dio: siamo fattori della gloria di Dio nel creato, accrescendola a Lui accidentalmente, secondo la missione che riceviamo da Lui.

Qui tutto ha valore: la terra, il concime, l'immondizia stessa…, come in un campo; mentre, quando si fa la raccolta, ha valore soltanto il frutto già maturato. Un anno di vita terrena ne fruttifica cento nel Cielo, anzi assai più. Se tu hai ottanta anni di vita, produci per ottomila.

Uno strumento con una corda, produce un sol suono; ma uno strumento con 80 corde produce tanti suoni, che tu puoi cantare a Dio tante melodie di amore.

È tanto preziosa questa nostra vita, che il Verbo Eterno di Dio non ha disdegnato di percorrerla Lui stesso, ed alla Creatura più cara al Suo Cuore, a Maria Santissima, l'ha prolungata fino alla vecchiezza.

Se il Re si degna di discendere a mangiare al tuo povero desco, è segno che il cibo che vi è apprestato ha valore, sostanza e gusto. È roba che cresce nel campo regale.

Noi non viviamo a caso, come piccoli esseri smarriti, come pezzi di ferro grezzo abbandonato nell'officina. Noi siamo invece dei pezzi, dirò così, già formati e torniti, che facciamo parte di un ingranaggio ammirabile. Dio scelse il momento più opportuno per crearci, secondo gli ammirabili fini che aveva sopra di noi.

Egli segnò l'ora e il momento della nostra morte, come è segnata l'ora del grano che biondeggia o del frutto che matura. Il tempo, il luogo, il modo, i patimenti della vita e della morte sono per noi certamente migliori di qualunque altro tempo, luogo e patimento.

La nostra vita ha un'importanza grande nei fini di Dio; si direbbe quasi che Egli ha su di noi il suo interesse. Anche quando noi, ingrati, ci sottraiamo alle speciali vedute del Divino Amore, anche allora la nostra vita ha un'importanza immensa.

Per un contadino che ha bisogno di concime per il suo campo, e di fermenti per far prosperare le piante buone, l'immondezza putrefatta, formata di materiale che doveva essere gloriosa ed è marcita, diventa preziosa. Questo contadino dirà di eccellente qualità concimante un carro di rifiuti che più puzza.

Noi siamo come un orologio, la cui corda si svolge, segnando le ore e suonando a rintocchi. Noi suoniamo le ore della gloria di Dio sulla terra.

L'orologio è uno strumento che in realtà raccoglie il corso delle sfere celesti. Quel quadrante che gira sembra una stoltezza, ed invece ha riscontro nel cielo. Tu vedi lo spazio di un minuto, e quel minuto è segnato nel cielo con una linea colossale di milioni di chilometri. Su quel quadrante sono riflessi i movimenti della colossale rotazione degli astri, e quel suono mesto, ritmico, cadenzato, che tanta solennità ti lascia nel cuore, è l'eco dell'immensa armonia degli astri, e del solenne silenzio dei cieli.

La mia vita, così come la vuole Dio, con le sue prove, con le sue lotte, con le sue amarezze, è come l'orologio che segna nel mondo le meraviglie della vita soprannaturale. Gesù Cristo è la Vita, la Verità e la Via; io sono il quadrante che segna la manifestazione di questa vita in me.

Gesù Cristo solo vale, ed io nella mia vita non faccio che esprimere o positivamente o negativamente la grandezza della Sua vita.

Noi siamo come un barometro: la sua lancetta si sposta verso la tempesta; sembra un disappunto, perché si è contratto il piccolo filamento che forma l'anima del barometro.

Quel piccolo spostamento appartiene al barometro, ma segna qualche cosa di colossale. Solleva lo sguardo in alto: vedrai le nubi oscure addensate nel cielo, ed ogni tanto un lampeggiare sinistro… Un cupo rimbombo ti assorda…, è il fulmine che cade… Scroscia la pioggia, inonda i campi, soffia il vento terribile, e tutto questo è segnato dal disappunto del barometro, dalla sua contrazione.

Così quando si dilata e segna il bel tempo, quel movimento segna sul piccolo quadrante il sole splendente, l'azzurro del cielo, il pacifico corso delle cose.

Chi può disprezzare la vita nostra, che raccoglie tanti misteri di amore, e che è piena di tanta attività?

È un errore pericoloso il considerare nella vita soltanto il nostro tornaconto particolare.

Un sofferente non è un infelice, è uno che è più attivo di tutti: o è un santo, ed allora rappresenta l'operaio che lavora per avere la sua giornata e per glorificare il suo padrone; o è un perverso, ed allora rappresenta la bruttura del male, ed il fermentare di chi si separa dalla pianta viva e cade nell'acqua appantanata dove marcisce. Sta in nostro potere impedire questa fermentazione: basta unirsi a Gesù Cristo vivente.

Un bambino che nasce macilento, e magari tisico, è sempre una vita preziosa e raccoglie sempre un'anima immortale, predestinata all'eternità. Impedire quella vita o stroncarla, è un inaudito delitto.

Un morente a cui si prolunga la vita di un minuto, rappresenta un uomo che compie la sua missione e suona gli ultimi rintocchi delle ore che gli furono assegnate per glorificare Dio nella felicità eterna.

Prostriamoci innanzi a Dio con grande riconoscenza, perché ci ha dato la vita!

Noi non siamo abbandonati o soli, o reietti; su di noi veglia l'amor Suo; e sappiamo di fede che tutto è per il nostro bene. Anche un'amarezza, un dolore, un'angoscia, un'incertezza, dobbiamo accoglierla come un tesoro di Dio.

Egli ci è Padre, e noi siamo sue creature!

E quando ci assale il tedio, e tutto par che ci vada male, allora, proprio allora la nostra vita è gettata nel fuoco della Passione di Gesù Cristo per essere fusa e modellata in Lui.

Raccogliamoci con Lui nel tedio dell'Orto degli ulivi, nella amarezza della Passione, e prepariamoci ad essere con Lui glorificati.

26 gennaio 2010

COMBINARE LE COMBINAZIONI


Un santo dei tempi moderni, Padre Pio da Pietrelcina, a chi qualche volta gli diceva l'espressione caratteristica: "E' una combinazione!", rispondeva: "E chi combina le combinazioni?".
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(Don Giancarlo Setti, da "A mani aperte", Ed. Suore Colansaziane, Faenza (RA), 1973, p. 61)

CHE COSA POSSO FARE DELLA MIA VITA?


"Va' e anche tu fa lo stesso"!
Va' e diventa "prossimo"
di coloro con i quali tu vivi,
di coloro che incontri
anche soltanto una volta,
di coloro che, sconosciuti e lontani,
ti sono pur sempre fratelli.
Va'!
In famiglia,
nella scuola,
tra gli amici,
per strada,
nel mondo...
c'è sempre qualcuno
che chiede il tuo aiuto,
che ha bisogno di te.
Non passare
mai "oltre".
Niente è più urgente di
un fratello che soffre.
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(fonte: rivista "Sacro Cuore" dei Salesiani di Bologna - n. 2 Febbraio 2010)

RICETTA PER UNA VITA BELLA E FELICE

INGREDIENTI:
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- 1 tazza di serenità
- 2 tazze di carità
- 1 dose di rispetto
- 3 bicchieri di allegria
- 3 cucchiai di pazienza
- 1/2 litro di affetto
- 1 dose di tolleranza
- 1 kg. di fede
- un pizzico di intelligenza
- e molta umiltà
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PREPARAZIONE:
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Mescolare tutto e metterlo dentro al proprio cuore per un tempo infinito.

UN PENSIERO ESALTANTE VERSO IL DIVINO

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“UN INCONTRO PERSONALE CON DIO”
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Quando Lo ricevi, diGli: Signore, spero in Te; Ti adoro, Ti amo, aumenta la mia fede. Sii il sostegno della mia debolezza, Tu che sei rimasto nell'Eucaristia, inerme, per porre rimedio alla debolezza delle creature. (Forgia, 832)

Non faccio davvero una scoperta se dico che alcuni cristiani hanno un'idea assai povera della Santa Messa, e che altri la vedono solo come un rito esteriore, se non addirittura come una forma di convenzionalismo. È la meschinità del nostro cuore che ci fa accogliere come per abitudine il più grande dono che Dio potesse fare agli uomini. Nella Messa — in questa Messa che stiamo celebrando adesso — interviene in modo particolare, ripeto, la Santissima Trinità. Per corrispondere a tanto amore ci si richiede una totale donazione, del corpo e dell'anima: noi infatti ascoltiamo Dio, Gli parliamo, Lo vediamo, Lo gustiamo. E quando le parole non ci sembrano sufficienti cantiamo, incitando la nostra lingua — Pange,lingua! — a proclamare davanti a tutta l'umanità le meraviglie del Signore.

Vivere la Santa Messa significa rimanere in preghiera continua, con la convinzione che per ciascuno di noi si tratta di un incontro personale con Dio: Lo adoriamo, Lo lodiamo, Gli chiediamo tante cose, Lo ringraziamo, facciamo atti di riparazione per i nostri peccati, ci purifichiamo, ci sentiamo una cosa sola, in Cristo, con tutti i cristiani. (E' Gesù che passa, nn. 87-88)

25 gennaio 2010

AVE, DOLCE MARIA DI NAZARETH!


AVE, DOLCE MARIA DI NAZARETH!
Alla Tua Purezza il mondo s'inchina,
poiché Dio per Primo a Te si chinò.
Unica Tu sei, nel misero mondo,
e cantar Tu puoi le lodi all'Eterno;
Tu Sola sei degna d'accogliere in Te
il Figlio di Dio, fatto Tuo Figlio.

AVE, DOLCE MARIA DI NAZARETH!
Tu, casta sposa dell'Amore Eterno,
con l'umile "SI", sgorgato dal cuore,
rechi nel mondo la Gioia e la Pace.
Bruci d'Amor nel generar l'Amore:
e il freddo mondo e buio riscaldi,
illuminando col Fuoco e la Luce.

AVE, DOLCE MARIA DI NAZARETH!
Il Padre Ti scelse dai secoli eterni,
il Messo Ti porta l'Annunzio Divino,
lo Spirito aleggia e vive con Te,
il Figlio in Te cresce, nasce da Te:
la Luce i pastori e gli Angeli in festa.
Il Cielo e la terra si prostrano a Te.

AVE, DOLCE MARIA DI NAZARETH!
Ci resti accanto nel lungo cammino,
ci chiami, ci sproni, ci mostri la via.
Canti all'Eterno le lodi e al Figlio,
vivi l'Amore Divino Incarnato,
porgi le mani a noi figli nel mondo,
e al Cielo Tu porti i cuori imploranti.

AVE, DOLCE MARIA DI NAZARETH!
Ave, o Figlia, e Sposa, e Madre,
che, umile, nel cuore e a Nazareth,
per noi portasti la Trinità beata.
RENDI, TI PREGO,
IL CUOR NOSTRO E IL MONDO
NOVELLA NAZARETH D'AMORE E PACE!
Tu, Immacolata, di Dio Madre e mia!
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(Proposta da: Gian Canio Elefante)

CHIAMATI ALLA CONVERSIONE

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"DISPOSTI AD UNA NUOVA CONVERSIONE”
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I tuoi parenti, i tuoi colleghi, i tuoi amici, stanno notando il cambiamento, e si rendono conto che il tuo non è un passaggio momentaneo, che non sei più lo stesso. Non preoccuparti, va' avanti! Si avvera il "vivit vero in me Christus" adesso è Cristo che vive in te. (Solco, 424)

Qui habitat in adiutorio Altissimi, in protectione Dei coeli commorabitur, abitare sotto la protezione di Dio, vivere con Dio
: in questo consiste la rischiosa sicurezza del cristiano.
Bisogna persuadersi che Dio ci ascolta, che è accanto a noi: e il nostro cuore si riempirà di pace. Ma vivere con Dio è indubbiamente un rischio, perché il Signore non si accontenta di condividere: chiede tutto. E avvicinarsi un po' di più a Lui vuoi dire essere disposti a una nuova conversione, a una nuova rettificazione, ad ascoltare più attentamente le Sue ispirazioni, i santi desideri che Egli fa sbocciare nella nostra anima, e a metterli in pratica.

Certo, dai tempi della nostra prima decisione cosciente di vivere integramente la dottrina di Cristo, abbiamo fatto molti passi sulla strada della fedeltà alla Sua Parola. Eppure, non è vero che restano ancora tante cose da fare? Non è vero che resta, soprattutto, tanta superbia? C'è indubbiamente bisogno di un nuovo cambiamento, di una lealtà più piena, di un'umiltà più profonda, affinché diminuisca il nostro egoismo e Cristo cresca in noi; infatti, illum oportet crescere, me autem minui, bisogna che Egli cresca e che io sminuisca.

Non si può rimanere inerti. È necessario avanzare verso la meta indicata da San Paolo: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.
L'ambizione è grande e nobile: è l'identificazione con Cristo, la santità. D'altronde non c'è altra strada se si desidera essere coerenti con la vita divina che Dio stesso, mediante il battesimo, ha fatto nascere nelle nostre anime.
Andare avanti significa progredire in santità; si retrocede, invece, se si rinuncia allo sviluppo della vita cristiana.
Il fuoco dell'amore di Dio ha bisogno di essere alimentato, di crescere ogni giorno, di gettare profonde radici nell'anima; e il fuoco si mantiene vivo a condizione di bruciare cose sempre nuove. Se non avvampa, rischia di estinguersi. (E' Gesù che passa, 58)

24 gennaio 2010

MISERICORDIA SENZA CONFINI

S. Paissio, il grande, - così si racconta nella vita dei Padri del deserto - pregava per il suo discepolo, che aveva rinnegato Cristo.
Il Signore lo volle mettere alla prova: gli apparve più volte quasi sgridandolo:
- Perchè preghi per questo traditore? Non sai che mi ha rinnegato?
Il santo tuttavia non cessava d'aver compassione del discepolo infedele e pregava ancor più intensamente per lui, finchè il Signore gli disse:
- Paissio, tu hai compreso veramente il Mio Vangelo; tu sei diventato come me: compassione senza confini!

" MARIA, REGINA DELLA PACE "


Maria, Regina Pacis, Regina della Pace, Tu che avesti fede e credesti che si sarebbe compiuto l'annuncio dell'Angelo, aiutaci a crescere nella fede, a essere saldi nella speranza, profondi nell'Amore. Perché questo vuole da noi Tuo Figlio, mostrandoci oggi il Suo Sacratissimo Cuore. (E' Gesù che passa, 170).

Caratteristica evidente di un uomo di Dio, di una donna di Dio, è la pace della sua anima: ha “la pace” e dà la pace alle persone che frequenta. (Forgia, 649).

Non è lecito farsi scudo di ragioni apparentemente devote, per defraudare il prossimo di ciò che gli è dovuto: Se uno dicesse: "Io amo Dio", e odiasse il suo fratello, è un mentitore [1 Gv 4, 20].
Ma cade nello stesso inganno anche chi lesina al Signore l'amore e l'ossequio — l'adorazione — che Gli sono dovuti in quanto Creatore e Padre nostro; e altrettanto avviene per chi rifiuta di obbedire ai Suoi comandamenti, con il falso pretesto di qualche incompatibilità con il servizio agli uomini, perché San Giovanni avverte espressamente che da questo conosciamo di amare i figli di Dio: se amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti, perché in questo consiste l'Amore di Dio, nell'osservare i Suoi comandamenti; e i Suoi comandamenti non sono gravosi (Amici di Dio, n. 166)

23 gennaio 2010

DIO TI AMA

Dio ama te: Gli interessi personalmente, continuamente, appassionatamente, prova la Sua gioia in te, Gli sei necessario, il tuo cuore Lo rallegra, la tua indifferenza Lo stupisce, la tua amarezza Lo strazia.

Vuole con te una relazione continua di delicatezza, di fierezza o di pena.

Se non crediamo a questo, se non ci sentiamo sollevati da questa certezza, significa che non abbiamo ancora capìto cosa sia essere cristiani.

Nel giorno del Giudizio ci verrà domandato: avete creduto che Dio vi amava? Hai creduto che Dio ti ha atteso, conosciuto, desiderato giorno per giorno?
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(L Evely)

TUTTI UNITI IN CRISTO

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" CONSUMMATI IN UNUM "
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Chi aspira all'unità, deve porsi di fronte a Cristo che prega affinché siamo consummati in unum, perfetti nell'unità. La sete di giustizia deve guidarci alla sorgente da cui scaturisce la concordia fra gli uomini: l'essere e il sapersi figli del Padre, e quindi fratelli. (E' Gesù che passa, 157)

Triste ecumenismo quello che sta sulla bocca di cattolici che maltrattano altri cattolici! (Solco, 643)

Dissi una volta al Santo Padre Giovanni XXIII, incoraggiato dal fascino affabile e paterno della sua persona:
"Padre Santo, nella nostra Opera tutti gli uomini, siano o no cattolici, hanno trovato sempre accoglienza: non ho imparato l'ecumenismo da Vostra Santità". Egli rise commosso, perché sapeva che, fin dal 1950, la Santa Sede aveva autorizzato l'Opus Dei ad accogliere come associati cooperatori i non cattolici e perfino i non cristiani.

E in effetti sono parecchi - né mancano fra di loro dei pastori e addirittura dei vescovi delle rispettive confessioni - i fratelli separati che si sentono attratti dallo spirito dell'Opus Dei e collaborano ai nostri apostolati.
E sono ogni giorno più frequenti - man mano che si intensificano i contatti - le manifestazioni di simpatia e di intesa cordiale che nascono dal fatto che i soci dell'Opus Dei hanno come cardine della loro spiritualità il semplice proposito di dare responsabile attuazione agli impegni e alle esigenze battesimali del cristiano.
Il desiderio di tendere alla santità cristiana e di praticare l'apostolato, procurando la santificazione del proprio lavoro professionale; il vivere immersi nella realtà secolari rispettando la loro autonomia, ma trattandole con lo spirito e l'amore delle anime contemplative; il primato che nell'organizzazione delle nostre attività diamo alla persona, all'azione dello Spirito nelle anime, al rispetto della dignità e della libertà che nascono dalla filiazione divina del cristiano (Colloqui con Monsignor Escrivá, 22)

22 gennaio 2010

IL SORRISO E' UN GRANDE MANTELLO


La gioia è una necessità.
La gioia è preghiera, la gioia è forza, la gioia è amore.
Il mio proposito è di diventare un apostolo della gioia.
Sono più che mai determinata a diffondere la gioia ovunque io vada.
Il profumo della gioia.
Che io possa mantenere il sorriso del dare senza riserva.
Possa trovare la forza di camminare coraggiosa e con un sorriso.
Il sorriso è un grande mantello che copre una moltitudine di dolori.
Non ho bisogno di forzare me stessa per essere felice o mostrare agli altri un volto sorridente.
Mi sono abbandonata completamente.
Un "sì" di cuore a Dio e un grande sorriso per tutti.
E mi sembra che queste due parole siano la sola cosa che mi spinge ad andare avanti.
Lasciate che i poveri e la gente si cibino di voi.
Lasciate che le persone "mordano" il vostro sorriso, il vostro tempo.
A volte, quando ci sono delle incomprensioni, potreste non avere nemmeno la voglia di guardare qualcuno.
Allora, non solo guardatelo, ma sorridetegli.
I miei occhi sono felici perchè le mie mani asciugano tante lacrime.
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(Madre Teresa di Calcutta)

" SIATE ALLEGRI, SEMPRE ALLEGRI ! "

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Nessuno è felice, sulla terra, fino a quando decide di non esserlo. Così si snoda il cammino: dolore, in senso cristiano!, Croce; Volontà di Dio, Amore; felicità quaggiù e, poi, eternamente. (Solco, 52)
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"Servite Domino in laetitia!" Servirò Dio con gioia!
Una gioia che sarà conseguenza della mia Fede, della mia Speranza e del mio Amore..., che deve durare sempre, perché, come ci assicura l'Apostolo, "Dominus prope est!"... il Signore mi segue da vicino. Camminerò con Lui, pertanto, ben sicuro, giacché il Signore è mio Padre..., e con il Suo aiuto compirò la Sua amabile Volontà, anche se mi costa. (Solco, 53)
Un consiglio che vi ho ripetuto insistentemente: siate allegri, sempre allegri. Siano tristi quelli che non si considerano figli di Dio. (Solco, 54)

21 gennaio 2010

NELLA GIOIA DEL SIGNORE

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“SEI TRISTE, FIGLIO MIO?”
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Non scoraggiarti mai, se sei apostolo. —Non c'è ostacolo che tu non possa superare. —Perché sei triste? (Cammino, 660)

La vera virtù non è triste e antipatica, bensì amabilmente allegra.
(Cammino, 657)

Se le cose riescono bene, rallegriamoci, benedicendo Dio che ci mette l'incremento. —Riescono male? —Rallegriamoci, benedicendo Dio che ci fa partecipi della Sua dolce Croce...
(Cammino, 658)

Per porre un rimedio alla tua tristezza, mi chiedi un consiglio. —Ti darò una ricetta che proviene da buone mani: dall'apostolo Giacomo.
—“Tristatur aliquis vestrum?”Sei triste, figlio mio? —“Oret!” —Fa' orazione! Prova e vedrai. (Cammino, 663)

Non essere triste. —Abbi una visione più... “nostra” —più cristiana— delle cose. (Cammino, 664)

“Laetetur cor quaerentium Dominum”. — Si rallegri il cuore di coloro che cercano il Signore.
—Ecco una luce, per indagare sui motivi della tua tristezza. (Cammino, 666)

20 gennaio 2010

CRISTO E' AMORE


Vive veramente soltanto chi vive per gli altri (San Giovanni Crisostomo).
L'amore è semplicemente il darsi da fare per gli altri.
Quando alcuni si trovano per fare qualcosa di buono per gli altri essi costituiscono la Chiesa e lo Spirito è con loro. (M. Mariotti).

UN MONDO DI VITA


Ogni volta che accade qualche tragedia, qualche disastro che brevemente ci scuote dal nostro torpore, sempre si leva la domanda: ma perchè Dio permette questo? Non è buono, o è indifferente, mi dicono; oppure non può nulla, non esiste.
Ogni volta, anche questa volta, spiego, difendo, cerco come posso di fare vedere cose che per me sono evidenti.
Ed ogni volta mi sento inadeguato. Sono inadeguato. Perchè le parole sono fredde come sassi d'inverno. Non posso dirvi come mi si strazia il cuore. Non riesco a comunicarvi come ogni sofferenza di cui vengo a conoscenza mi si avvita dentro.
Eppure sono come voi, fratelli, lettori, ipocriti. Mi si stringe l'anima ma qui finisce. Potrei accusare un dio lontano di non fare ciò che vorrei fare io, perchè non ricada su di me la colpa per non essermi mosso. Per non muovermi in quest'istante, perchè so che a mille metri e non a mille chilometri c'è qualcuno che ha bisogno, che avrebbe bisogno. Se proprio voglio pulirmi la coscienza darò dieci euro: e qualcun altro provveda.

E siamo arrabbiati con un Dio che non ci risparmia la fatica di essere buoni.

Ma, anche mi muovessi, può bastare? Posso impedire ogni dolore innocente? E quanto durerebbe, questo mio agire?
Una frase ricorrente nella cronaca del terremoto di Haiti mi ha colpito: "Coloro che dovrebbero portare aiuto non ci riescono, perchè sono essi stessi vittime". Anche noi vorremmo uno sguardo buono su di noi, in ogni momento: come non siamo capaci ad averlo sugli altri, ci è impossibile anche verso noi stessi. Come tutto in questo mondo siamo esseri finiti, limitati. Se non riusciamo ad essere buoni allora irrigidiamo il collo e ci mostriamo cinici e disperati.
Ma l'esperienza - l'esperienza - insegna che c'è un tipo di sguardo che non finisce. Non finisce non perchè non cade, ma perchè continuamente si rinnova. Un'irruzione dell'infinito tra noi uomini. Una presenza che dice "non piangere, non avere paura". Qualcosa che c'è, basta vedere, basta ascoltare, basta toccare, e che storicamente continua nella Chiesa. Nel volto di tanti uomini e donne, a mille metri come a mille chilometri da noi.
Tra le chiacchere e la teoria è solo quello sguardo che ci può salvare, che può cambiare questo mondo di morte in un mondo di vita, vita buona, davvero.
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(Berlicche socio di SamizdatOnLine)

SERENI DAVANTI A DIO

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“NON TI DIA PENA ESSERE NIENTE”
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Non dolerti se vedono le tue mancanze; l'offesa a Dio e lo scandalo che tu potresti cagionare: questo deve addolorarti. Quanto al resto, lascia che sappiano come sei e ti disprezzino. Non ti dia pena essere niente, perché così è Gesù che dovrà darti tutto. (Cammino, 596)

Dio nessuno L'ha mai visto — scrive San Giovanni Evangelista —; proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, Lui Lo ha rivelato [Gv 1, 18], presentandoSi allo sguardo attonito degli uomini: dapprima, come un Neonato, a Betlemme; poi, come un Bambino uguale agli altri; più tardi, nel tempio, come un Adolescente assennato e sveglio; e, alla fine, con la figura amabile e attraente del Maestro, che faceva breccia nei cuori delle folle che Lo seguivano con entusiasmo.

Basta rievocare pochi tratti dell'Amore di Dio che Si incarna, e subito la Sua generosità ci tocca l'anima, ci accende, ci spinge dolcemente a un dolore di contrizione per il nostro comportamento, così spesso meschino ed egoista.
Gesù Cristo non esita ad abbassarSi per elevare noi dalla miseria alla dignità di figli di Dio, di fratelli Suoi.
Tu e io, invece, sovente ci inorgogliamo stoltamente per i doni e i talenti ricevuti, facendoli diventare un piedistallo per imporci sugli altri, come se il merito di certe azioni, portate a termine con relativa perfezione, dipendesse esclusivamente da noi: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l'avessi ricevuto? [1, Cor 4, 7].

Nel considerare la dedizione di Dio e il Suo annichilimento — lo dico perché lo meditiamo, e ciascuno pensi a sé — la vanagloria, la presunzione del superbo rivelano la loro natura di peccati orrendi, proprio perché collocano la persona all'estremo opposto del modello che Gesù Cristo ci ha offerto col Suo comportamento. Pensateci bene: Egli, che era Dio, umiliò Sè stesso. L'uomo, orgoglioso del proprio io, pretende a ogni costo di esaltare sè stesso, non riconoscendo di essere fatto di rozza terraglia. (Amici di Dio, nn. 111-112)

19 gennaio 2010

UN UOMO CHE HA DIVISO LA STORIA

Ecco un Uomo che nacque in un oscuro villaggio, Figlio di una Donna di campagna. Crebbe in un altro villaggio. Lavorò in una bottega di falegname fino a trent'anni, e poi per tre anni fece il predicatore ambulante. Non scrisse mai un libro. Non ebbe mai una famiglia Sua. Non seguì corsi di studio. Non mise mai piede in una grande città. Non si allontanò mai più di 300 Km dal luogo dove era nato. Non fece mai una di quelle cose che di solito accompagnano la gloria terrena.
Mentre era ancora giovane, la corrente dell'opinione pubblica Gli divenne ostile. Gli amici Lo abbandonarono. Fu dato in mano ai nemici. Subì un simulacro di processo. Fu crocifisso in mezzo a due ladri. Mentre stava morendo, i Suoi carnefici si giocarono a dadi la sola cosa che avesse mai posseduto al mondo, e questa era la Sua tunica. Dopo morto, fu seppellito in una tomba concessa temporaneamente dalla pietà di un amico.
Quasi venti secoli sono trascorsi, ed oggi è la figura dominante del genere umano, e a Lui fa capo ogni progresso.
Non oltrepasso i limiti del vero quando dico che tutti gli eserciti che abbiano marciato, tutte le flotte che siano mai state armate, tutti i parlamenti che si siano mai riuniti, tutti i re che abbiano mai regnato, messi insieme, non hanno influito sulla vita terrena dell'uomo come la vita di quest'Uomo che ha diviso la storia in due parti: prima e dopo di Lui.
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(B. Graham, Il figlio dell'uomo, dal Readers Digest, Aprile 1973)

IL VOLTO DI DIO

Una leggenda racconta che quando Adamo ed Eva furono espulsi dal Paradiso terrestre, Iddio nella Sua grande bontà dette loro un medaglione, su cui c'era scritto il proprio nome.
Col passare dei secoli il medaglione fu perduto e poi, finalmente ritrovato. Vi si leggevano però solo queste parole: "DIO è..."
Tutti i popoli cercarono di completare la frase.
Gli Egiziani vi lessero: DIO è mistero.
I Babilonesi: DIO è l'ordine del cielo.
I Greci: DIO è bellezza.
Gli Ebrei: DIO è santità.
I Romani: DIO è legge.
I Cinesi: DIO è tutto.
Gli Indiani: DIO è il mondo.
I Buddisti: DIO è l'indefinibile.
I Cristiani, solo i Cristiani, dettero questa definizione di Dio: DIO è AMORE. E fecero "centro!".

TI AUGURO D'AVERE...

Una lacrima per tutti i dolori,
una consolazione per tutte le miserie,
una scusa per tutte le mancanze,
una preghiera per tutte le sventure,
un incoraggiamento per tutte le iniziative,
un godimento pieno per il bene altrui,
un amorevole servizio per i poveri.

" IL COMANDAMENTO NUOVO DELL'AMORE "

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Gesù nostro Signore ha tanto amato gli uomini, che Si è Incarnato, ha preso la nostra natura ed è vissuto in contatto quotidiano con poveri e ricchi, con giusti e peccatori, con giovani e vecchi, con gentili e giudei. Ha dialogato costantemente con tutti: con quelli che Gli volevano bene e con quelli che cercavano solo il modo di travisare le Sue parole, per condannarLo. — Cerca di comportarti anche tu come il Signore. (Forgia, 558)

Si comprendono benissimo l'impazienza, l'ansia, i desideri inquieti di coloro che, con un'anima naturalmente cristiana, non si rassegnano di fronte all'ingiustizia personale e sociale che il cuore umano è capace di creare. Sono tanti i secoli della convivenza degli uomini, e tanto è ancora l'odio, tante le distruzioni, tanto il fanatismo accumulato in occhi che non vogliono vedere e in cuori che non vogliono amare.

Vediamo i beni della terra divisi tra pochi e i beni della cultura chiusi in cenacoli ristretti. Fuori, c'è fame di pane e di dottrina; e le vite umane, che sono sante perché vengono da Dio, sono trattate come cose, come numeri statistici. Comprendo e condivido questa impazienza: essa mi spinge a guardare a Cristo che continua a invitarci a mettere in pratica il comandamento nuovo dell'amore.

Occorre riconoscere Cristo che ci viene incontro negli uomini, nostri fratelli. Nessuna vita umana è isolata; ogni vita si intreccia con altre vite. Nessuna persona è un verso a sé: tutti facciamo parte dello stesso poema divino che Dio scrive con il concorso della nostra libertà. (E' Gesù che passa, 111)

18 gennaio 2010

GENTILEZZA CRISTIANA

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1. Sorridi, alla monotonia del dovere quotidiano, per non rattristare il fratello.
2. Taci, quando ti accorgi che qualcuno ha sbagliato, per non umiliarlo.
3. Elogia il fratello che ha operato il bene.
4. Rendi un servizio a chi ti è sottoposto.
5. Stringi, cordialmente, la mano al fratello che è nella tristezza.
6. Guarda, con affetto, chi cela un dolore.
7. Riconosci, umilmente, il tuo torto, rammaricandoti sinceramente del male fatto.
8. Saluta affabilmente gli umili, quelli che si sentono abbandonati.
9. Parla, con dolcezza, con lievità inoffensiva, agli impazienti e agli importuni.
10. Fa' in modo che tuo fratello sia sempre contento di te.
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(da "Decalogo della gentilezza cristiana" in L'Eco del Buon Consiglio, Frigento)

INFO DA MEDJUGORJE: TESTIMONIANZA DI UN GIOVANE

Ci sono dei luoghi e delle persone, nella vita, che una volta conosciuti ti segnano per sempre, luoghi che sanno far rivivere in te amore vero, che ti illuminano e ti infondono pace.
Uno di questi luoghi, per me, si chiama Medjugorje.
È un luogo speciale e diverso dagli altri, perché lì si respira e si tocca in modo concreto la Presenza materna di Maria, la Regina della Pace, che Gesù dall’alto della Croce ci ha donato come Madre, Lei che fin dai primi tempi delle apparizioni ci ha detto: “Cari figli, ricordatevi che sono vostra Madre e che vi amo!”.
Ogni pellegrinaggio compiuto in questa terra benedetta, è stato per me un’esperienza unica nell’Amore di Dio, un invito a vivere la Pace nel mio cuore attraverso la preghiera, dialogo intimo e filiale col Padre.
Solo mediante la preghiera, infatti, è possibile vivere la Pace di Dio nella nostra vita e dare un senso alle nostre croci quotidiane, trasformandole in mezzo di salvezza e redenzione. “Cari figli,” ha detto Maria “la preghiera è il fondamento della vostra vita, pregate, pregate, pregate!” .
Sono stati proprio i due colli che circondano la grande chiesa parrocchiale di Medjugorje, il Krizevac da una parte e il Podbrdo dall’altra a richiamare in quest’ultimo pellegrinaggio la mia attenzione su questa grande verità.
Il Krizevac rappresenta la croce ed il calvario di ogni essere umano credente o non credente a qualunque razza o epoca appartenga.
Nel Krizevac c’è la mia croce, la tua sofferenza, i dolori ed il pianto di tutta l’umanità, il dramma di intere generazioni.
Ma accanto al Krizevac , la Madonna ha voluto costruire un altro piccolo monte: è la collina delle prime apparizioni, il Podbrdo, dove inizialmente i veggenti hanno potuto nutrirsi, estasiati, della visione beatificata della Regina della Pace.
Esso simboleggia il Monte Tabor, il sacro monte della preghiera e dell’orazione, dell’incontro personale tra Dio e l’uomo.
È la collina della tenerezza e della Pace, dove anche noi possiamo, a piene mani, con cuore aperto, e attraverso la preghiera, ricevere grazia e benedizione.
Medjugorje è un invito, per noi cristiani, a costruire nella nostra vita, accanto alle nostre croci quotidiane, la collina delle apparizioni, la collina cioè della preghiera e della fede, del Rosario e del sacrificio.
Accanto alla collina delle apparizioni, il nostro Krizevac diventerà non più un luogo di condanna, ma di salvezza e redenzione.
Mettiamo allora con fiducia al centro della nostra giornata la preghiera e in modo particolare il Rosario, così caro della Regina della Pace, e tutta la nostra esistenza sarà illuminata dalla Luce di Cristo ed avvolta dalla pace materna di Maria.
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(Juri Mondani Castelvetro, Modena)
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(Fonte: Rivista “Medjugorje Torino – num. 125, Sett-Ott. 2005 – www.medjugorje. it)

PER RIFLETTERE... QUANDO IL DESIDERIO DIVENTA "DIRITTO ESIGIBILE"

Non può passare sotto silenzio la sentenza della magistratura che ha, di fatto, annullato la legge 40 sulla tutela della vita. Alcuni giudici sembrano proprio voler ribaltare le leggi sulla cui applicazione dovrebbero invece vigilare; se non serve neanche approvare una legge e sostenerla in un referendum, cosa ci resta per difendere la vita?

E adesso chi fermerà le tentazioni di scartare figli?
Assuntina Morresi - Avvenire

Il desiderio di dare un fratello a un figlio già nato, da una parte; la probabilità altissima che il bambino nasca destinato in breve a morire, dall’altra. E intanto un altro figlio morto pochi mesi dopo la nascita, e alcuni aborti volontari perché i nascituri avevano già la stessa, terribile malattia: l’atrofia muscolare spinale di tipo 1. Una storia di lutti e dolore, di fronte alla quale un giudice di Salerno ha deciso di applicare una legge che non c’è per sostenere la coppia nel desiderio di avere un secondo figlio che non avesse ereditato la stessa patologia.

Una legge che non c’è, dicevamo: perché per poter accedere alle tecniche di fecondazione assistita e selezionare l’embrione sano fra quelli malati, come consentito dal tribunale, secondo la legge italiana la coppia avrebbe dovuto essere sterile o infertile (a differenza di quella in questione) e la diagnosi preimpianto non sarebbe stata da vietare, come invece è adesso.

Una sentenza ipercreativa, insomma, che ha modificato impunemente in un sol colpo il risultato di un voto parlamentare raggiunto dopo anni di lavoro e quello di un referendum: tale è la potenza dei giudici, a quanto pare, e ci chiediamo che senso abbia il lavoro paziente nelle aule di Camera e Senato quando la solerzia e la fantasia di un magistrato riescono così velocemente a sostituirsi al potere legislativo e pure alla Corte Costituzionale che, eventualmente, sarebbe stata l’unica legittimata a pronunciarsi.

La legge 40, che la sentenza di Salerno ha violato, non consente la scelta dell’embrione su base genetica, perché ogni selezione di questo tipo è eugenetica, indipendentemente dalle motivazioni che possono essere addotte. Una volta ammessa infatti la possibilità di produrre un certo numero di embrioni per selezionarne alcuni e scartarne altri, come avviene con la diagnosi preimpianto, chi decide quali sono le malattie gravissime che legittimerebbero la scelta e quelle che invece sono considerate accettabili? Fra le decine di embrioni che si dovranno generare per essere sicuri di ottenerne qualcuno sano non si cercheranno anche altre patologie, oltre a quelle mortali? In altre parole: chi cerca il figlio sano, e vuole escludere terribili malattie come l’atrofia muscolare o la fibrosi cistica, accetterà il rischio di avere embrioni affetti da sindrome di Down o con certi tipi di patologie cardiache, ad esempio, o vorrà invece cercare pure quelli per scartarli, visto che c’è la possibilità? Chi decide l’elenco delle malattie da individuare? Chi fisserà il limite? E di quale tipo sarà?

In Gran Bretagna alcune associazioni di persone affette da sordità hanno condotto una lunga battaglia per poter impiantare anche embrioni con lo stesso handicap: «Quali embrioni debbano essere scelti per l’impianto deve rimanere una decisione degli individui e dei loro medici» hanno rivendicato, ritenendo che la condizione di sordità (che conoscono bene per esperienza diretta) sia semplicemente quella di una minoranza che vive in modo diverso dagli altri, e che va dunque difesa dalle discriminazioni.

Quando il desiderio – legittimo e comprensibilissimo – di avere un figlio diventa un diritto esigibile l’inevitabile passo successivo è un ulteriore diritto: quello ad avere un figlio sano (o con caratteristiche precise) e quindi di poterselo scegliere, con criteri sempre più discrezionali. Un figlio subordinato a una selezione genetica, un figlio 'a condizione': una contraddizione in termini, che dovrebbe far ripensare al significato, alla responsabilità e al valore di mettere al mondo un bambino. Se possibile, non a ogni costo.
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(fonte: SamizdatOnline)

" RENDERE PIACEVOLE LA VITA AGLI ALTRI "

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Fino a quando manterrai la persuasione che gli altri debbano vivere sempre nella tua orbita, fino a quando non ti deciderai a servire a nasconderti e a scomparire, il rapporto con i tuoi fratelli, con i tuoi colleghi, con i tuoi amici, sarà fonte continua di dispiaceri, di malumore...: di superbia. (Solco, 712).

Quando ti costa prestare un favore, un servizio a qualcuno, pensa che è un figlio di Dio, ricorda che il Signore ci ha comandato di amarci gli uni gli altri.

Più ancora: approfondisci ogni giorno questo precetto evangelico; non restare in superficie. Trai le conseguenze è assai facile, e adegua la tua condotta di ogni momento a queste esigenze. (Solco, 727)

Sappi, ogni giorno e con generosità, prenderti qualche disturbo, allegramente e discretamente, per servire e per rendere piacevole la vita agli altri.
Questo modo di agire è vera carità di Cristo.
(Forgia, 150)

Se lasciamo che Cristo regni nella nostra anima, non saremo mai dei dominatori, ma servitori di tutti gli uomini. Servizio: come mi piace questa parola! Servire il mio Re e, per Lui, tutti coloro che sono stati redenti dal Suo Sangue. Se noi cristiani sapessimo servire! Andiamo dal Signore e confidiamoGli la nostra decisione di voler imparare a servire, perché soltanto così potremo non solo conoscere e amare Cristo, ma farLo conoscere e farLo amare dagli altri.

Come Lo faremo conoscere alle anime? Con l'esempio, come Suoi testimoni, offrendoci a Lui in volontaria servitù in tutte le nostre opere, perché Egli è il Signore di tutta la nostra vita, perché è l'unica e definitiva Ragione della nostra esistenza.
Poi, dopo aver offerto la testimonianza dell'esempio, saremo idonei a istruire con la parola, con la dottrina. Gesù fece così: Coepit facere et docere, prima insegnò con le opere, poi con la Sua predicazione divina. (E' Gesù che passa, 182)

" ECCO LO SPOSO, ANDATEGLI INCONTRO " ( Mt 25,6)


Quando era giunto per Dio il tempo di avere compassione della sofferenza dell’umanità, Sua diletta, mandò il Figlio Suo Unigenito sulla terra in quel palazzo sontuoso e tempio glorioso che era il Corpo della Vergine Maria.

Là, sposò la nostra natura e la unì alla Sua Persona, grazie al Sangue Purissimo della nobile Vergine.

Fu lo Spirito Santo, il sacerdote che celebrò le nozze.

L’angelo Gabriele ne fu l’araldo, e la gloriosa Vergine diede il Suo consenso. In questo modo Cristo, nostro Sposo fedele, Si unì alla nostra natura, venne a visitarci in una terra straniera e ci insegnò i costumi celesti e una perfetta fedeltà.

Come un campione, ha faticato e ha combattuto contro i nostri nemici, ha distrutto il carcere ed è uscito vincitore dalla lotta. Con la Sua Morte, ha messo a morte la nostra morte, ci ha riscattati con il Suo Sangue, ci ha liberati, nel battesimo, con l’acqua del Suo costato (Gv 19,34), e con i Suoi sacramenti e i Suoi doni ci ha resi ricchi, affinché uscissimo, agghindati con ogni sorte di virtù, e Lo incontrassimo nel palazzo della Sua gloria, per godere di Lui senza fine, per l’eternità.

17 gennaio 2010

L'INFERNO DI HAITI E IL PARADISO

Basta un piccolo starnuto del pianeta, in un minuscolo francobollo di terra come Haiti, e sono spazzati via migliaia di esseri umani. Anche un microscopico virus è in grado di uccidere milioni di persone. Sono tutte manifestazioni di una stessa fragilità, di uno stesso destino. Tutti documenti della nostra misera condizione mortale.
C’è una sola “malattia”, trasmessa per via sessuale, che porta inevitabilmente alla morte l’umanità intera e non ha cure possibili. Non è l’Aids. Ne siamo affetti tutti, ad Haiti come qui. Si chiama: vita.

E’ una “malattia” anche stupenda (per questo la scrivo fra virgolette), è una “malattia” che amiamo, a cui stiamo attaccati con le unghie e con i denti. Ma solitamente non riflettiamo sulla sua natura effimera e quindi l’amiamo in modo sbagliato, dimenticando che dobbiamo scendere alla stazione e siamo destinati a un’altra dimora.

Quando arrivano grandi tragedie, personali o collettive, apriamo gli occhi sull’estrema fragilità della nostra esistenza e – svegliandoci – ci sentiamo quasi ingannati. Come se non sapessimo che siamo di passaggio.

Sì, siamo tutti malati terminali. Ma noi dimentichiamo di essere sulla soglia della morte dal primo istante di vita. Lo rimuoviamo.

Anzi, quasi tutto quello che facciamo ogni giorno ha questa segreta ragione: farci dimenticare il nostro destino, esorcizzare la morte, preannunciata dalla decadenza fisica, dalle malattie, dalla sofferenza, dal dolore altrui. Distrarci, come diceva Pascal: il “divertissement”.

Ormai la nostra mente è organizzata come un vero e proprio palinsesto televisivo: c’è la mezz’ora dedicata alla tragedia di Haiti dove magari si chiama a parlarne non i missionari, non organizzazioni come l’Avsi che da anni lavorano in quelle povere terre, ma Alba Parietti e Cristiano Malgioglio. Poi, subito dopo, il telecomando passa ai quiz, alle ballerine sgallettanti, alle chiacchiere (politica o sport) eccetera.

Tutti modi – si dice – “per ingannare il tempo”. In realtà per ingannare noi stessi, per dimenticare il destino. Perché il nostro insopprimibile desiderio è di vivere sempre, è di essere felici, e ci è insopportabile l’idea della morte e dell’infelicità.

Così, anche quando parliamo seriamente di tragedie come quelle di Haiti, con la faccia compunta, tocchiamo tutti i tasti fuorché quello.

Parliamo dell’emergenza (e va bene), degli aiuti da mandare (e va benissimo), della miseria di quei luoghi (verissima), poi varie storie e considerazioni, finché uno guarda l’orologio perché deve andare al tennis, un altro sbircia il telefonino e un altro ancora sussurra al vicino “ma quand’è che se magna?”.

Ricomincia il tran tran. E gli affanni. E l’ebbrezza di essere padroni della nostra vita. E le illusioni. Eppure il più grande “Filosofo” di tutti i tempi chiamò “stolto” colui che riempiva il suo granaio illudendosi di poterne godere all’infinito: “Stanotte stessa ti sarà chiesta la tua anima…”.

Perché un giorno tutti dovremo rispondere dei nostri atti e di come abbiamo speso il nostro tempo. In quanto la vita è un compito. Anche se ormai gli stessi preti parlano raramente dell’Inferno e del Paradiso a cui siamo destinati.

Pensiamo che inferno e paradiso siano da fuggire o cercare qui sulla terra.
“Haiti, migliaia in fuga dall’inferno”, titolava ieri la prima pagina della “Stampa”. Altri giornali raccontavano i “paradisi tropicali” dei turisti a pochi passi dall’orrore haitiano.

Solo la Chiesa ci dice che c’è un Inferno ben peggiore di Haiti (ed eterno) da cui fuggire. E un Paradiso da raggiungere, di inimmaginabile bellezza e gioia, in cui tutte le lacrime saranno asciugate.

Il solo conforto oggi di fronte all’enormità del dolore di tutta quella povera gente e di fronte a tanti morti, è proprio questo: sperarli (e pregare per questo) fra le braccia del Padre, finalmente nella felicità certa, per sempre.

Ma noi, davanti alla nostra stessa morte (che è certa, inevitabile), che speranza abbiamo? Proviamo a rifletterci. Per me la sola speranza autentica è in Colui che ha avuto pietà della sorte umana, Colui che ha il potere vero e che ripagherà ogni sofferenza con un felicità senza fine e senza limiti.

Per questo la Chiesa c’è sempre, dentro ogni prova dell’umanità, dentro ogni “inferno” terreno com’è Haiti (provate a leggere le testimonianze accorate da là dei missionari). C’è per portare agli uomini la compassione di Dio, la Sua carezza, il Suo aiuto e soprattutto per aprire le porte del Suo Regno.

“Ti sei chinato sulle nostre ferite e ci hai guarito” dice un prefazio della liturgia ambrosiana “donandoci una medicina più forte delle nostre piaghe, una misericordia più grande della nostra colpa. Così anche il peccato, in virtù del Tuo invincibile amore, è servito a elevarci alla vita divina”.
E la cosa grande che ci porta Gesù, il Salvatore degli uomini, non è solo questa, ma la resurrezione, la vittoria sulla morte, cosicché nulla di ciò che abbiamo amato andrà perduto.

Diceva don Giussani: “Cristo risorto è la vittoria di Dio sul mondo. La Sua risurrezione dalla morte è il grido che Egli vuole far risentire nell’animo di ognuno di noi: la positività dell’essere delle cose, quella ragionevolezza ultima per cui ciò che nasce non nasce per essere distrutto. ‘Tutto questo è assicurato, te lo assicuro, Io sono Risorto per renderti sicuro che tutto quello che è in te, e con te è nato, non perirà’ ”.
Come si fa allora a non gioire, anche nelle lacrime? Come si fa a non affidarsi – anche nella tragedia – all’Unico che salva?

Voglio dirlo con le parole di San Gregorio Nazianzeno:
“Se non fossi tuo, mio Cristo, mi sentirei una creatura finita. Sono nato e mi sento dissolvere. Mangio, dormo, riposo e cammino, mi ammalo e guarisco, mi assalgono senza numero brame e tormenti, godo del sole e di quanto la terra fruttifica. Poi io muoio e la carne diventa polvere come quella degli animali che non hanno peccati. Ma io cosa ho più di loro? Nulla, se non Dio. Se non fossi tuo, Cristo mio, mi sentirei creatura finita”.
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Antonio Socci
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(da “Libero”, 16 gennaio 2010)

LA CONFESSIONE

Dal Diario di Santa Faustina Kowalska - N. 1602
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Oggi il Signore mi ha detto:
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" Figlia, quando ti accosti alla Santa Confessione, a questa sorgente della Mia Misericordia, scendono sempre sulla tua anima il Mio Sangue ed Acqua, che uscirono dal Mio Cuore e nobilitano la tua anima.

Ogni volta che vai alla Santa Confessione immergiti tutta nella Mia Misericordia con grande fiducia, in modo che io possa versare sulla tua anima l'abbondanza delle Mie grazie.

Quando vai alla Confessione, sappi che Io stesso ti aspetto in confessionale, Mi copro soltanto dietro il sacerdote, ma sono Io che opero nell'anima.

Lì, la miseria dell'anima s'incontra col Dio della Misericordia.
Dì alle anime che da questa sorgente della Misericordia possono attingere le grazie unicamente col recipiente della fiducia.
Se la loro fiducia sarà grande, la Mia generosità non avrà limiti.
I rivoli della Mia grazia inondano le anime umili.

I superbi sono sempre nell'indigenza e nella miseria, poiché la Mia grazia si allontana da loro e va verso le anime umili ".
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La foto è stata scattata ad un quadro, esposto nell'atrio del convento di Plock e rappresenta la spiegazione che Gesù diede a Santa Faustina (contenuta nel Diario) riguardo al Sacramento della Riconciliazione, ossia, nel confessionale c'è Gesù in persona.
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(Fotografia di Maria Pia Bonapace)