Padre Pio è l’Apostolo dell’Eucaristia del nostro secolo. L’Eucaristia era l’epicentro della sua giornata. Pensare a Padre Pio, per noi che l’abbiamo conosciuto, significa ritrovarlo nella Celebrazione eucaristica. Egli era divenuto un poema eucaristico dai mille capitoli. La sua era una Messa in cui si celebrava la liturgia del Sacramento di Sangue, di luce, di attrazione, di Redenzione universale, come ha detto il papa Giovanni Paolo II.
Il mio primo incontro con lui avvenne nelle ore ancor fresche della notte invernale della fine di febbraio del 1957. Provenivo in treno da Padova, accompagnato da don Attilio Negrisolo, un personaggio ben noto nelle biografie di Padre Pio. Centinaia e forse mille volte ho avuto la grazia di partecipare alla Messa del Padre, anche negli ultimi giorni della sua vita.
Vorrei cogliere alcuni aspetti esclusivi della Messa di Padre Pio, la Messa del primo sacerdote stigmatizzato: le folle, l’orario, la preparazione, l’attrazione, la durata, il ringraziamento.
Quella Messa era davvero unica, anche per l’orario. Alle 4 del mattino si apriva la chiesa. A quell’ora pensioni, alberghi e alloggi si svuotavano e i fedeli affluivano sul sagrato della chiesa, in attesa di potervi entrare, in qualsiasi stagione, nonostante la pioggia, la neve o il vento del Gargano. Ricordo che d’inverno, per il freddo, ci si rannicchiava, quasi stringendosi insieme per proteggersi in qualche modo dal gelo. Il gruppo eterogeneo era formato da persone provenienti da varie zone del nostro Paese e di Paesi esteri; si sentivano accenti diversi, che davano il segno dell’anima universale di quella Messa speciale che Padre Pio poi ci avrebbe offerto sull’altare. Ovviamente, era il sud che prevaleva, ma tutte le regioni si facevano sentire nelle loro modulazioni dialettali: Padre Pio era per tutti l’atteso.
Alla Messa del Santo ci si preparava, sin dalle ore 2.30, con una catena di Rosari, cui rispondeva la folla man mano che arrivava alla chiesetta del convento. La prima che avviava la recita delle corone era una certa Rosinella di Pietrelcina, un personaggio noto nell’ambiente locale, una donna robusta, energica e sbrigativa, dal carattere forte, un’anima meravigliosa formata dalla mano plasmatrice del Padre, investita di una singolare missione.
Il Padre voleva intorno al suo altare, ogni mattina, alcune persone: Cleonice Morcaldi, la Telfner, la Belloni e Petruccio il cieco, che poi vedevamo sempre appoggiato al lato sinistro dell’altare. Costoro dovevano essere sempre presenti al solito posto perché, in quella mistica Messa del Padre, avevano un compito specifico: ognuno aveva una mansione rappresentativa dei personaggi del Calvario. Al momento dell’apertura Rosinella aveva il compito di garantire il loro posto in chiesa, il più vicino possibile all’altare. Ovviamente doveva, quotidianamente, essere la prima ad attendere vicino alla porta, che lei raggiungeva ogni mattina molto prima delle ore 3, col suo seggiolino in mano.
Si pregava, ci si preparava a quella Messa e si recitava la preghiera cara a Maria e a Padre Pio. Era la corona del Rosario che disponeva i nostri cuori all’incontro con il Figlio di Maria ai piedi dell’altare. Padre Pio era tutto di Lei ed ogni giorno noi eravamo accompagnati da Lei al Calvario.
Vi è un terzo elemento che fa parte della storia di quella Messa, come un capitolo che indubbiamente sembra stonare ma che non si può tralasciare, anche se comporta una spiegazione alquanto difficile da intendere. Adagio, ogni mattina, nello spazio del sagrato antistante la porta della chiesetta, si accumulavano centinaia di persone e, quando il frate sacrista dall’interno spalancava la porta, la folla si addensava verso la strettoia dell’ingresso, spingendo, pressando e spesso urtando, e poi, una volta entrate, le persone correvano, o meglio volavano verso l’altare, alla ricerca dei primi posti. Quotidianamente il dramma si ripeteva, sia davanti alla piccola chiesa del convento, sino al luglio 1959, sia in seguito, nella chiesa attuale, sino all’ultimo mattino, quando ci raggiunse la notizia che il Padre era morto durante la notte. Si trattava di un fatto ad effetto scandalizzante, anzi, ricordo bene che io pure ne rimasi colpito, per non dire sconcertato. Le prime volte intervenni, cercai pure di reagire, ma poi anch’io rimasi contagiato dal fenomeno e mi comportai come gli altri, cercando di raggiungere le prime posizioni. Che dire di questo fenomeno? A ragion veduta, nessun motivo di scandalo. La Messa di Padre Pio calamitava con originalità di modi, perché era una Messa unica, dalla liturgia mistica. Ogni evento ha le sue leggi. Ci si comportava come le folle che attorniavano Gesù giungendo persino a scoperchiare il tetto della casa di Pietro, a Cafarnao, per calarvi il paralitico, o costringendo il Maestro a rifugiarsi sul lago, parlando da una barca. Solo d’estate questa "liturgia" scompariva, quando il Padre celebrava all’aperto.
Alle 4.15 Padre Pio saliva sull’altare per avvolgere dell’amore di Cristo i suoi figli e il mondo intero. Alla Consacrazione il pane ed il vino diventavano Carne e Sangue nelle sue mani, che noi vedevamo sanguinanti. Il suo sangue, in quella Messa, saliva verso il Cielo, innalzato da quelle mani verginali e sacerdotali. All’Elevazione riviveva la Crocifissione, per passare, con la Comunione, alla vita del Risorto.
Celebrava la Messa in latino, non dialogata, senza canti, e la protraeva per quasi un’ora e mezza. Noi fedeli vi partecipavamo con devozione profonda, sempre rivolti all’altare.
Ite Missa est – Deo gratias. Il Padre rientrava in sacrestia, mentre l’onda del silenzio avvolgeva noi fedeli "saziati" da quella "Cena del Signore". Noi uomini ci raccoglievamo in sacrestia mentre il Padre sedeva su una sedia e, poggiato il capo al bancone, si concentrava in orazione raccogliendo su di sé il nostro sguardo nel silenzio della contemplazione. Dopo una decina di minuti benediceva noi e gli oggetti religiosi di coloro che erano in partenza. Camminando appresso a noi, disposti in fila sul suo percorso, dava la mano da baciare, accettava qualche fugace domanda e saliva in cella per circa mezz’ora, isolandosi nel suo mondo celeste.
Padre Pio, durante la sua Messa, non distribuiva la Comunione; perciò i fedeli ascoltavano una seconda Messa per ricevere l’Eucaristia e i sacerdoti, per celebrare, si avvicendavano ai vari altari.
La chiesetta del convento e la basilica della Madonna delle grazie, ambedue testimoni di quelle Messe, sono divenute, grazie a Padre Pio, un santuario eucaristico unico al mondo.
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(proposto da Don Nello Castello)
Il mio primo incontro con lui avvenne nelle ore ancor fresche della notte invernale della fine di febbraio del 1957. Provenivo in treno da Padova, accompagnato da don Attilio Negrisolo, un personaggio ben noto nelle biografie di Padre Pio. Centinaia e forse mille volte ho avuto la grazia di partecipare alla Messa del Padre, anche negli ultimi giorni della sua vita.
Vorrei cogliere alcuni aspetti esclusivi della Messa di Padre Pio, la Messa del primo sacerdote stigmatizzato: le folle, l’orario, la preparazione, l’attrazione, la durata, il ringraziamento.
Quella Messa era davvero unica, anche per l’orario. Alle 4 del mattino si apriva la chiesa. A quell’ora pensioni, alberghi e alloggi si svuotavano e i fedeli affluivano sul sagrato della chiesa, in attesa di potervi entrare, in qualsiasi stagione, nonostante la pioggia, la neve o il vento del Gargano. Ricordo che d’inverno, per il freddo, ci si rannicchiava, quasi stringendosi insieme per proteggersi in qualche modo dal gelo. Il gruppo eterogeneo era formato da persone provenienti da varie zone del nostro Paese e di Paesi esteri; si sentivano accenti diversi, che davano il segno dell’anima universale di quella Messa speciale che Padre Pio poi ci avrebbe offerto sull’altare. Ovviamente, era il sud che prevaleva, ma tutte le regioni si facevano sentire nelle loro modulazioni dialettali: Padre Pio era per tutti l’atteso.
Alla Messa del Santo ci si preparava, sin dalle ore 2.30, con una catena di Rosari, cui rispondeva la folla man mano che arrivava alla chiesetta del convento. La prima che avviava la recita delle corone era una certa Rosinella di Pietrelcina, un personaggio noto nell’ambiente locale, una donna robusta, energica e sbrigativa, dal carattere forte, un’anima meravigliosa formata dalla mano plasmatrice del Padre, investita di una singolare missione.
Il Padre voleva intorno al suo altare, ogni mattina, alcune persone: Cleonice Morcaldi, la Telfner, la Belloni e Petruccio il cieco, che poi vedevamo sempre appoggiato al lato sinistro dell’altare. Costoro dovevano essere sempre presenti al solito posto perché, in quella mistica Messa del Padre, avevano un compito specifico: ognuno aveva una mansione rappresentativa dei personaggi del Calvario. Al momento dell’apertura Rosinella aveva il compito di garantire il loro posto in chiesa, il più vicino possibile all’altare. Ovviamente doveva, quotidianamente, essere la prima ad attendere vicino alla porta, che lei raggiungeva ogni mattina molto prima delle ore 3, col suo seggiolino in mano.
Si pregava, ci si preparava a quella Messa e si recitava la preghiera cara a Maria e a Padre Pio. Era la corona del Rosario che disponeva i nostri cuori all’incontro con il Figlio di Maria ai piedi dell’altare. Padre Pio era tutto di Lei ed ogni giorno noi eravamo accompagnati da Lei al Calvario.
Vi è un terzo elemento che fa parte della storia di quella Messa, come un capitolo che indubbiamente sembra stonare ma che non si può tralasciare, anche se comporta una spiegazione alquanto difficile da intendere. Adagio, ogni mattina, nello spazio del sagrato antistante la porta della chiesetta, si accumulavano centinaia di persone e, quando il frate sacrista dall’interno spalancava la porta, la folla si addensava verso la strettoia dell’ingresso, spingendo, pressando e spesso urtando, e poi, una volta entrate, le persone correvano, o meglio volavano verso l’altare, alla ricerca dei primi posti. Quotidianamente il dramma si ripeteva, sia davanti alla piccola chiesa del convento, sino al luglio 1959, sia in seguito, nella chiesa attuale, sino all’ultimo mattino, quando ci raggiunse la notizia che il Padre era morto durante la notte. Si trattava di un fatto ad effetto scandalizzante, anzi, ricordo bene che io pure ne rimasi colpito, per non dire sconcertato. Le prime volte intervenni, cercai pure di reagire, ma poi anch’io rimasi contagiato dal fenomeno e mi comportai come gli altri, cercando di raggiungere le prime posizioni. Che dire di questo fenomeno? A ragion veduta, nessun motivo di scandalo. La Messa di Padre Pio calamitava con originalità di modi, perché era una Messa unica, dalla liturgia mistica. Ogni evento ha le sue leggi. Ci si comportava come le folle che attorniavano Gesù giungendo persino a scoperchiare il tetto della casa di Pietro, a Cafarnao, per calarvi il paralitico, o costringendo il Maestro a rifugiarsi sul lago, parlando da una barca. Solo d’estate questa "liturgia" scompariva, quando il Padre celebrava all’aperto.
Alle 4.15 Padre Pio saliva sull’altare per avvolgere dell’amore di Cristo i suoi figli e il mondo intero. Alla Consacrazione il pane ed il vino diventavano Carne e Sangue nelle sue mani, che noi vedevamo sanguinanti. Il suo sangue, in quella Messa, saliva verso il Cielo, innalzato da quelle mani verginali e sacerdotali. All’Elevazione riviveva la Crocifissione, per passare, con la Comunione, alla vita del Risorto.
Celebrava la Messa in latino, non dialogata, senza canti, e la protraeva per quasi un’ora e mezza. Noi fedeli vi partecipavamo con devozione profonda, sempre rivolti all’altare.
Ite Missa est – Deo gratias. Il Padre rientrava in sacrestia, mentre l’onda del silenzio avvolgeva noi fedeli "saziati" da quella "Cena del Signore". Noi uomini ci raccoglievamo in sacrestia mentre il Padre sedeva su una sedia e, poggiato il capo al bancone, si concentrava in orazione raccogliendo su di sé il nostro sguardo nel silenzio della contemplazione. Dopo una decina di minuti benediceva noi e gli oggetti religiosi di coloro che erano in partenza. Camminando appresso a noi, disposti in fila sul suo percorso, dava la mano da baciare, accettava qualche fugace domanda e saliva in cella per circa mezz’ora, isolandosi nel suo mondo celeste.
Padre Pio, durante la sua Messa, non distribuiva la Comunione; perciò i fedeli ascoltavano una seconda Messa per ricevere l’Eucaristia e i sacerdoti, per celebrare, si avvicendavano ai vari altari.
La chiesetta del convento e la basilica della Madonna delle grazie, ambedue testimoni di quelle Messe, sono divenute, grazie a Padre Pio, un santuario eucaristico unico al mondo.
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(proposto da Don Nello Castello)
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